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Uso sacramentale della cannabis nella tradizione indoeuropea

 

La pianta di cannabis ha alle spalle una storia antica di utilizzo rituale come mezzo per raggiungere stati di meditazione profonda, per esaltare la coscienza e facilitare il raggiungimento della trance. E per questo motivo è stata impiegata in contesti religiosi in tutto il mondo antico.
Fu sicuramente una delle prime piante coltivate dall'uomo e poichè la sua area di origine è da ricercarsi nell'Asia Centrale, questa pianta ha conosciuto un diffuso uso da parte dei cosiddetti popoli indoeuropei, stanziati anticamente in un'ampia fascia che va dall'Asia occidentale (India, Iran, Asia minore) fino all'Europa.
Per esempio uno dei più antichi (500 a.C.) e famosi riferimenti scritti sull'uso della pianta lo si ritrova in Erodoto (Storie, IV, 74-5) in cui a proposito degli Sciti (popolazione seminomade di origine iranica) si dice che dopo aver buttato inflorescenze di canapa sul fuoco fossero soliti inalarne il fumo, fino a diventare ebbri, come i Greci si inebriavano con il vino. E anche le ricerche archeologiche hanno confermato questa particolare pratica di uso di canapa per evidenti scopi inebrianti.
Altri riferimenti alla cannabis come sostanza psicoattiva si ritrovano anche nel filosofo greco Democrito (460 a.C.), che parla di una bevanda a base di vino, canapa e mirra, usata per produrre visioni.
E anche medici e scienziati del mondo antico come Dioscoride, Plinio, Galeno ed altri citano l'uso della canapa come inebriante.
L'etnofarmacologo Christian Rätsch afferma che probabilmente nella cultura germanica la pianta di cannabis fosse associata alla dea dell'amore e della fertilità Freya.
La cannabis sarebbe stata utilizzata anche dalla cultura di Hallstatt (Austria), di cui i Celti sarebbero eredi.
Ma è soprattutto in India che la cannabis ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo religioso.
L'uso tantrico della cannabis sorse in India attorno al VII secolo d.C. in base ad una mescolanza di dottrine e pratiche dell'Induismo Shivaita e del Buddismo tibetano.
Ci sono tre tradizioni indiane che derivano dall'antico culto vedico del Soma e che si intrecciano nelle pratiche tantriche: l'uso cerimoniale della cannabis, il concetto di bevanda-veleno come atto divino e le pratiche yoga.
L'uso cerimoniale della cannabis è attestato già nell'Atharva Veda e questa pratica è antica quanto quella vedica del soma. Mentre il soma era un sacramento, la cannabis (bhang) era considerata una pianta speciale usata per scopi magico-sciamanici. L'Atharva Veda cita il bhang insieme al soma, entrambe facenti parte delle cinque piante usate "per la liberazione dalla sofferenza".
In Tantric Cannabis Use in India Michael R. Aldrich scrive a proposito della cerimonia del Mahanirvana Tantra (che contiene una descrizione completa del rituale di consacrazione della Cannabis). Questa consiste nell'utilizzo di una piccola palla verde dibhang inumidito nel latte o nell'acqua; più frequentemente, almeno nell'India contemporanea, è un delizioso frullato di latte di cannabis saporito con mandorle, pepe, cardamomo, semi di papavero e altre spezie.


La droga viene purificata e consacrata attraverso la recitazione di specifici mantra e gesti magici, che portano il potere della Dea Kali nella Cannabis.
La cannabis è usata anche dai sadhu indiani come mezzo di illuminazione e di contatto con il divino.
Il chilum nella religione shivaita è una sorta di pipa in cui si fuma la cannabis e che viene impiegata per celebrare la gloria di Shiva.


Come nella religione cristiana il calice e l'ostia sono la comunione con il Divino, così per gli Shivaiti lo è il chilum. Il chilum è Shakti. Quello che brucia è Shiva. E prima di accendere il chilum gli shivati sono soliti enunciare i nomi di Shiva e della sua consorte Parvati. I mantra più conosciuti sono: Bom Shankar, Bolenat, Shambo, Alak Naranjan. O i luoghi delle sue dimore: Kailash, Kasi, ecc..
In una leggenda vedica si dice anche che il dio indiano Shiva trovò riparo all'ombra di una pianta di cannabis, ne mangiò le foglie e da allora ne fece il suo cibo preferito.
E nel rapporto della Indian Hemp Drugs Commission (1894) è riportato che:
"L'abitudine di adorazione della pianta della canapa, anche se non è così comune come quella di offrire canapa a Shiva e ad altre divinità Hindù, tuttavia sembrerebbe, dalle dichiarazione dei testimoni, esistere in parte in alcune province dell'India. La ragione per la quale questo fatto non è conosciuto generalmente può forse essere trovata in dichiarazioni come quella di Pandit Dharma Nand Joshi, che dice che tale culto è effettuato in segreto. Ciò può essere un'altra causa della smentita da parte della grande maggioranza dei testimoni indù di alcuna conoscenza dell'esistenza di un'abitudine di adorazione della pianta della canapa, in quanto l'Hindu istruito non ammetterà che adora un oggetto materiale, ma la divinità che esso rappresenta. (...)
C'è un passaggio citato da Rudrayanmal Danakand e Karmakaud nel rapporto sull'uso delle droghe della canapa nello Stato di Baroda, che mostra anche che il culto della pianta del bhang è incoraggiato negli Shastras. E' dichiarato così: "Il Dio Shiva dice a Parvati - 'Oh Dea Parvati, ascolta quali benefici derivano dal bhang. Il culto del bhang innalza il praticante alla mia posizione'. Nel Bhabishya Purana è dichiarato che nella tredicesima luna di Chaitra (marzo ed aprile) chi desidera vedere aumentare il numero dei suoi figli e nipoti deve adorare Kama (Cupido) nella pianta della canapa".
E secondo una leggenda indiana Indra, signore della folgore e del temporale, provando pietà per il popolo degli umani, regalò loro una bevanda a base di cannabis cosicché anch'essi potessero sperimentare le sue virtù: euforia, ampliamento delle percezioni, perdita della paura ed eccitazione sessuale.
Infine, nel mare magno delle speculazioni sull'identità del soma vedico e dell'haoma mazdeo (bevande sacre dalle proprietà inebrianti), qualcuno ha creduto che fossero ottenute da miscugli di cannabis, oppio ed efedra.


Fonti : M. Aldrich - Cannabis e "veleni" nella pratica sessuale tantrica della Mano Sinistra; B. Parrella - Breve storia della cannabis; DrugLibrary - The Indian Hemp Drugs Commission Report; G. Samorini - Gli Sciiti e la canapa; G. Samorini - L'uso tantrico della cannabis in India; G. Samorini - Soma e Haoma; Kalimandir.it, Encarta.msn.com; Wikipedia.org

Il cilum, traslitterato anche come chiloom, chilum, chillum, cyloom, è forse la più antica forma di strumento finalizzato all'inalazione dei fumi di materiali combusti. Progenitore della pipa, manca della divisione fra braciere e bocchino, essendo una sorta di "pipa verticale": come un lungo tronco di cono diviso all'interno da una semplice pietra filtrante, più o meno decorato ed esteticamente adattato a svariate forme etniche che riproducano animali, simboli, miti o iscrizioni tradizionali. È originario dell'area di influenza culturale indiana, in particolare fra le popolazioni himalayane, fra le prime a coltivare la canapa, da cui ricavano, secondo la loro lingua, la charas (la particolare varietà di hashish autoctona locale).

È noto che molto spesso la pratica religiosa è coadiuvata dall'uso di sostanze psicoattive, ritenute a volte causa di esperienze divinatorie: questo avvenne anche per i primi fumatori di cilum, tanto che i giacimenti di argilla (funzionale alla manifattura dello strumento) vennero considerati terre sacre, e con essi vere e proprie città sante (come Bombay, Madras o Hampi) divennero meta dei pellegrinaggi degli Shadu e dei Baba, tuttora attivi nella predicazione quanto nell'attività del fumare hashish. I cilum sono amati in particolare dai consumatori della locale charas in quanto strumenti tradizionali investiti spesso di una valenza rituale, ma non è raro che siano utilizzati anche con hashish di provenienza differente. Allo stesso modo del calumet della pace e del narghilè, il cilum, a differenza di una pipa, ha una funzione aggregante, è una "pipa di gruppo", più adatto all'uso collettivo.

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